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Schede delle specie ittiche
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Acerina18/01/200974,83Download
Alborella18/01/200962,65Download
Anguilla18/01/200958,33Download
Barbo18/01/200960,81Download
Bottatrice18/01/200942,12Download
Carassio18/01/200982,17Download
Carpa18/01/200969,82Download
Carpione18/01/200940,54Download
Cavedano etrusco18/01/200964,51Download
Cavedano18/01/200964,03Download
Cefalo18/01/200962,36Download
Coregone18/01/200964,65Download
Gambusia18/01/200963,57Download
Ghiozzetto di laguna18/01/200961,04Download
Ghiozzo padano18/01/200961,28Download
Ghiozzo18/01/200958,97Download
Gobbione18/01/200945,69Download
Lampreda18/01/200953,29Download
Lasca18/01/200955,47Download
Latterino18/01/200954,54Download
Luccio18/01/200961,29Download
Lucioperca08/03/200962,28Download
Persico Reale18/01/200967,40Download
Persico Sole18/01/200976,20Download
Persico Trota18/01/200967,95Download
Pesce Gatto18/01/200964,22Download
Pigo18/01/200940,53Download
Pseudorasbora18/01/200967,66Download
Rovella18/01/200959,25Download
Salmerino18/01/200942,36Download
Sanguinerola18/01/200944,21Download
Savetta18/01/200958,30Download
Scardola18/01/200965,17Download
Scazzone18/01/200964,61Download
Siluro18/01/200944,57Download
Spinarello18/01/200958,86Download
Storione18/01/200945,01Download
Temolo18/01/200961,37Download
Tinca18/01/200966,99Download
Triotto18/01/200960,01Download
Trota Fario18/01/200969,72Download
Trota Iridea18/01/200954,37Download
Trota Lacustre18/01/200940,24Download
Trota Marmorata18/01/200937,43Download
Inquinamento delle acque Riduci
Inquinamento delle acque
Contaminazione dell’acqua causata dall’immissione di sostanze quali prodotti chimici e scarichi industriali e urbani, che ne alterano la qualità compromettendone gli abituali usi.
 
 
Principali inquinanti
lcuni dei principali inquinanti idrici sono: le acque di scarico contenenti materiali organici che per decomporsi assorbono grandi quantità di ossigeno; parassiti e batteri; i fertilizzanti e tutte le sostanze che favoriscono una crescita eccessiva di alghe e piante acquatiche; i pesticidi e svariate sostanze chimiche organiche (residui industriali, tensioattivi contenuti nei detersivi, sottoprodotti della decomposizione dei composti organici); il petrolio e i suoi derivati; metalli, sali minerali e composti chimici inorganici; sabbie e detriti dilavati dai terreni agricoli, dai suoli spogli di vegetazione, da cave, sedi stradali e cantieri; sostanze o scorie radioattive provenienti dalle miniere di uranio e torio e dagli impianti di trasformazione di questi metalli, dalle centrali nucleari, dalle industrie e dai laboratori medici e di ricerca che fanno uso di materiali radioattivi.
Anche il calore liberato nei fiumi dagli impianti industriali e dalle centrali elettriche attraverso le acque di raffreddamento può essere considerato un inquinante, in quanto provoca alterazioni della temperatura che possono compromettere l’equilibrio ecologico degli ecosistemi acquatici e causare la morte degli organismi meno resistenti, accrescere la sensibilità di tutti gli organismi alle sostanze tossiche, ridurre la capacità di autodepurazione delle acque, aumentare la solubilità delle sostanze tossiche e favorire lo sviluppo di parassiti.
 
 
Effetti dell’inquinamento idrico
Le sostanze contaminanti contenute nell’acqua inquinata possono provocare innumerevoli danni alla salute dell’uomo e all’equilibrio degli ecosistemi. La presenza di nitrati (sali dell’acido nitrico) nell’acqua potabile, ad esempio, provoca una particolare condizione patologica nei bambini che in alcuni casi può condurre alla morte. Il cadmio presente in certi fanghi usati come fertilizzanti può essere assorbito dalle colture e giungere all’uomo attraverso le reti alimentari; se assunto in dosi elevate, può provocare forti diarree e danneggiare fegato e reni. Tra gli inquinanti più nocivi per l’uomo vi sono alcuni metalli pesanti, come il mercurio, l’arsenico, il piombo e il cromo.
Gli ecosistemi lacustri sono particolarmente sensibili all’inquinamento. L’eccessivo apporto di fertilizzanti dilavati dai terreni agricoli può avviare un processo di eutrofizzazione, cioè di crescita smodata della flora acquatica. La grande quantità di alghe e di piante acquatiche che si viene a formare deturpa il paesaggio, ma soprattutto, quando si decompone, consuma l’ossigeno disciolto nell’acqua, rende asfittici gli strati più profondi del lago e produce odori sgradevoli. Sul fondo del bacino si accumulano sedimenti di varia natura e nelle acque avvengono reazioni chimiche che mutano l’equilibrio e la composizione dell’ecosistema (quando le acque sono molto calcaree si ha, ad esempio, la precipitazione di carbonato di calcio). Un’altra fonte di inquinamento idrico è costituita dalle cosiddette piogge acide, che hanno già provocato la scomparsa di ogni forma di vita da molti laghi dell’Europa settentrionale e orientale e del Nord America.
 
 
Fonti di inquinamento: problemi e soluzioni
A
Gli inquinanti delle acque provengono soprattutto dagli scarichi urbani e industriali, dai processi di percolazione, dai terreni agricoli e dalle aziende zootecniche.Le acque di scarico urbane e industriali rappresentano una delle fonti principali di inquinamento idrico. Finora l’obiettivo primario dei programmi di smaltimento degli scarichi urbani è stato quello di ridurre la concentrazione delle sostanze solide in sospensione, dei materiali organici, dei composti inorganici disciolti (soprattutto quelli contenenti fosforo e azoto) e dei batteri nocivi presenti nei liquami immessi negli impianti di depurazione, per potere, poi, scaricare le acque depurate nell’ambiente. Da qualche tempo, tuttavia, una maggiore attenzione viene rivolta anche al delicato problema del trattamento e dello smaltimento dei fanghi che si producono nei processi di depurazione.
Nei depuratori i liquami passano attraverso tre fasi distinte di trattamento. La prima, detta trattamento primario, comprende una serie di processi fisici o meccanici di rimozione dei detriti più grossolani, di sedimentazione delle particelle in sospensione e di separazione delle sostanze oleose. Nella seconda fase, detta trattamento secondario, si ossida la materia organica dispersa nei liquami per mezzo di fanghi attivi o filtri biologici. La terza fase, il trattamento terziario, ha lo scopo di rimuovere i fertilizzanti per mezzo di processi chimico-fisici, come l’adsorbimento su carbone attivo. In ogni fase vengono prodotte notevoli quantità di fanghi, il cui trattamento e smaltimento assorbe il 25-50% dei costi di impianto e di esercizio di un comune depuratore.
Gli scarichi industriali contengono una grande varietà di inquinanti e la loro composizione varia a seconda del tipo di processo produttivo. Il loro impatto sull’ambiente è complesso: spesso le sostanze tossiche contenute in questi scarichi rinforzano reciprocamente i propri effetti dannosi e quindi il danno complessivo risulta maggiore della somma dei singoli effetti. La concentrazione di inquinanti può essere ridotta limitandone la produzione all’origine, sottoponendo il materiale a trattamento preventivo prima di scaricarlo nella rete fognaria o depurando completamente gli scarichi presso lo stesso impianto industriale, recuperando, eventualmente, le sostanze che possono essere reintrodotte nei processi produttivi.
I fertilizzanti chimici usati in agricoltura e i liquami prodotti dagli allevamenti sono ricchi di sostanze organiche (contenenti soprattutto azoto e fosforo) che, dilavate dalla pioggia, vanno a riversarsi nelle falde acquifere o nei corpi idrici superficiali. A queste sostanze si aggiungono spesso detriti più o meno grossolani che si depositano sul fondo dei bacini. Pur contenendo spesso organismi patogeni, i liquami di origine animale vengono scaricati a volte direttamente sul terreno e da qui sono trasportati dall’acqua piovana nei fiumi, nei laghi e nelle falde sotterranee. In questo caso, per limitare l’impatto degli inquinanti si possono adottare semplici soluzioni, come l’uso di bacini di decantazione o di vasche per la depurazione dei liquami.
 
CONSIDERAZIONI: futuro a rischio per i pesci?
In Europa, la maggior parte delle specie di pesci migratori che completano il loro ciclo tra il mare e il fiume sono attualmente in pericolo. Sebbene i programmi di recupero e salvaguardia siano stati avviati da tempo, il futuro nella distribuzione di queste specie può subire delle drastiche modifiche a causa dei cambiamenti climatici. Al Bordeaux Cemagref, gli scienziati hanno sviluppato dei modelli biogeografici per prevedere quale potrebbe essere la loro effettiva distribuzione nel 2100.
Lo studio dei pesci migratori è degno di nota in quanto per completare il loro ciclo vitale usano sia il mare che gli ambienti d’acqua dolce. A partire dal’ultima era glaciale 18.000 anni fa, questo ha permesso loro di colonizzare progressivamente tutta l’Europa. Tuttavia, la pesca eccessiva, lo sviluppo delle attività marittime e fluviali e il conseguente inquinamento delle acque hanno contribuito a far regredire le popolazioni di pesci migratori con il risultato che oggi la maggior parte di queste specie è in serio pericolo.
Inoltre, essi devono adattarsi al riscaldamento globale, già coinvolto nel ridotto numero di esemplari di alcune specie. Per identificare le specie sensibili che possono essere le più colpite da questo cambiamento climatico e la loro futura distribuzione geografica, gli scienziati hanno simulato un possibile modello climatico che tenga conto dell’aumento delle temperature in costante crescita e della variazione delle precipitazioni.
In primo luogo, i ricercatori del Cemagref hanno censito le specie di pesci migratori in tutta Europa, in Medio Oriente e Nord Africa. Successivamente hanno studiato la distribuzione dei pesci in 200 bacini idrografici e come questa fosse suscettibile di cambiamenti sulla base dei mutamenti climatici. Nel 2100 gli studiosi hanno previsto che se la temperatura aumentasse tra gli 1 e i 7° C, ci sarebbe una vera e propria rivoluzione nella distribuzione delle specie, quasi per tutti i pesci migratori si tratterebbe di un cambiamento in negativo, che potrebbe portare ad una rapida estinzione. Ecco perchè risulta fondamentale ripristinare al più presto gli habitat di queste specie, diminuendo l’inquinamento delle acque e proteggendo dallo sfruttamento della pesca illegale i pesci a rischio e non solo.
Però stando a detta di molti ittiologi la decimazioni di molte specie ittiche autoctone sono opera di predatori inseriti dall’uomo (vedi SILURO), mentre invece l’inserimento di altre varie specie come la Tilapia, il Perca o sandra e Gambusia sia lecito e doveroso.
Ma invece di cercare altre specie per contrastare quelle già esistenti perché non si cerca tutt’insieme di risolvere il problema alla redice? Non estirpando il Siluro o altre specie ma cercando di rendere la qualità dell’acqua a livelli accettabili per la vita dei nostri amati pesci?
Voi cosa fate per contribuire?
Ve lo siete mai chiesto?
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